mercoledì 12 gennaio 2011

A bout de souffle 11 gennaio 2011

       À bout de souffle
Fino all'ultimo respiro - Jean-Luc Godard
                                                                “....dopo tutto sono un fesso”



Francia, 1960.
Attori: Jean-Paul Belmondo, Jean Seberg, 
Daniel Boulanger, Jean-Pierre Melville.
Durata: 89 min
Colore: B/N
Audio: Sonoro
Genere: Drammatico
Regia: Jean-Luc Godard
Soggetto: François Truffaut
Sceneggiatura: Jean-Luc Godard
Produttore: Georges de Beauregard
Fotografia: Raoul Coutard
Scenografia: Claude Chabrol



Trama: Parigi. Dopo tutto, sono un fesso… Il ladro d’automobili Michel Poiccard, all’ennesimo furto, si vede obbligato ad uccidere un poliziotto. La polizia però riesce ad identificarlo e la notizia è pubblicata su tutti i giornali. In giro per la capitale, Michel va da Antonio, un suo collega dal quale attende parecchi soldi e poi, in strada, Michel incontra Patrizia, una ventenne americana che vorrebbe diventare giornalista, e risalda una vecchia relazione. Dopo aver trascorso un paio di giorni nella sua stanza d’albergo, ed aver cercato di contattare invano l’amico Antonio, Michel è rintracciato dalla polizia la quale pone alcune domande a Patrizia. La coppia si rifugia a casa di una spogliarellista e qui Patrizia decide di denunciare Michel alla polizia per liberarsi dell’amore che per lui prova. Il giorno che Antonio lo raggiunge con il denaro che Michel aspettava, sopraggiunge anche la polizia che uccide Michel in fuga.

Recensione: Jean-Luc Godard firma con quest'opera, il cui soggetto gli venne ceduto da François Truffaut nel 1959, (anno in cui quest'ultimo presentò a Cannes I 400 colpi), una sorta di manifesto della Nouvelle Vague, movimento formato da giovani e promettenti registi francesi, che nacque alla fine degli anni '50 con spirito di contestazione e una forte spinta verso il rinnovamento di quei concetti e messaggi sui quali il cinema del passato si era sterilmente "adagiato". Oltre a ciò, nella pellicola di cui parliamo è facilmente individuabile l'influenza dell'esperienza neorealista italiana e (caratteristica essenziale del movimento di cui l'opera fa parte) il citazionismo nei confronti del cinema stesso, con omaggi in particolare al genere noir americano (diremmo anche di serie B), ai suoi canoni stilistici e, come diretta conseguenza, a tutte le nuove tecniche registiche che li accompagnarono.

La sceneggiatura è molto semplice, quasi un pretesto per inscenare lunghi dialoghi, che risultano invece abbastanza ricercati e mai banali o fine a sè stessi. Per questo il film non è mai ostico e si lascia vedere sempre con grande scorrevolezza. 
Il regista, come già accennato in precedenza, fa uso di diversi elementi di rottura rispetto al passato, con una camera instabile, che talvolta fluttua dinanzi ai personaggi, talvolta sclerotizza espressioni pregnanti, le quali assumono una forza ancora maggiore delle parole, assolvendo alla loro funzione di elemento narrativo all'interno di una certa concezione meta-cinematografica in cui il "gesto" cita sè stesso e si ripropone in una forma sempre nuova.

Intense e ricche di sfumature espressive le interpretazioni dei due personaggi principali, Jean-Paul Belmondo e Jean Seberg, mettono in scena le maschere di due personaggi che sono chiamati a confrontarsi con problematiche legate al ruolo che rivestono nella società ma anche e soprattutto al proprio essere e al rapporto con una società troppo diversa da loro.

Quindi, concludendo, non può che essere positivo il giudizio per questo film che ha segnato un'epoca, rappresentando una sorta di spartiacque nella storia del cinema e uno dei lavori più importanti all'interno della produzione di quelli che in seguito saranno universalmente accettati come grandi maestri, innovatori, pionieri di un nuovo modo di fare arte.

A cura di Alessandro Puglisi




A bout de souffle viene girato in soli 23 giorni, molti dei quali limitati a qualche ora di lavoro. Primato della ripresa e della sua immediatezza (tanto che molti dei dialoghi sono stati scritti qualche istante prima che inizi la ripresa), uso di tecniche agili, grande velocità di realizzazione e conseguente basso costo; Coutard sottolinea come l'obbiettivo principale sia andar contro le regole stabilite, riesplorare più in profondità, le possibilità del mezzo.
Ambienti reali, cinepresa spesso a mano o su carrelli di fortuna, pellicola fotografica, più sensibile di quella per il cinema, per compensare un illuminazione essenziale, tutto questo per rendere omaggio al film americano definito di serie B, di cui Godard era molto legato.

I nostri primi film sono stati soltanto dei film di cinéphiles. Ci si può servire anche di ciò che si è visto al cinema per fare deliberatamente dei riferimenti. É il mio gusto della citazione, che ho sempre conservato. Nella vita la gente cita ciò che le piace. Noi pure abbiamo il diritto di citare ciò che ci piace.”

Infatti À bout de souffle è intessuto di citazioni, di allusioni, di riferimenti che spesso solo i cinefili, o solo gli amici, possono cogliere. Come le partecipazioni in ruoli minori di cineasti, Philippe de Broca, Josè Benazeraf e sopratutto il maestro Jean-Pierre Melville nella parte dello scrittore Parvulesco. Naturalmente sono numerosissimi i riferimenti al mondo del cinema, inquadrature in sale cinematografiche, in cui si proietta Hiroshima mon amour di Resnais, Dieci secondi col diavolo di Aldrich, L'oro della California di Boetticher. Nel film poi si discorre di pittura (Picasso e Renoir), di letteratura (Faulkner, Rilke, Cocteau), di musica (no a Chopin si a Mozart) e di politica (la cinepresa inquadra “per caso” il corteo ufficiale della visita di Eisenhower a De Gaulle).

À bout de souffle appartiene per sua natura al genere di film in cui tutto è permesso. Qualsiasi cosa facessero i personaggi poteva essere integrata al film. À bout de souffle è una storia, non un soggetto. Il soggetto è qualcosa di semplice e vasto che si può riassumere in venti secondi, la vendetta, il piacere...La storia la si può riassumere solo in venti minuti.”


À bout de souffle non vuole entrare in nessuna problematica sociale ma vivere nella dimensione del mito.


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