lunedì 31 gennaio 2011

La chinoise 1 febbraio 2011

La Chinoise
La Cinese - Jean-Luc Godard


Francia, 1967.
Attori: Jean-Pierre Léaud, Juliet Berto, Anne Wiazemsky, Michel Semeniako.
Durata: 96 min
Colore: colore
Audio: Sonoro
Genere: Politico
Regia: Jean-Luc Godard
Soggetto: François Truffaut
Sceneggiatura: Jean-Luc Godard
Fotografia: Raoul Coutard



Trama:In un appartamento di Parigi un gruppo di giovani borghesi studiano il pensiero marxista-leninista nella versione maoista. Véronique, guida del gruppo, propone l'assassinio di un ministro sovietico in visita e, dopo che il suo piano è messo in atto, si rende conto di aver fatto soltanto "i primi timidi passi di una lunga marcia".

Recensione: Nella Chinoise Godard, con curiosità e anche ironica simpatia, osserva ancora il maoismo dall'esterno, come uno dei fenomeni del presente di cui riconosce l'importanza. La Cina è lontana, come lontano è il Vietnam. E tuttavia quegli slogan, che nel 1967 potevano sembrare solo dei fanatismi e bizzarrie di personaggi romanzeschi, dopo pochi mesi erano sulla bocca di tutti i giovani d'Europa, e le scritte sulle pareti dell'appartamento parigino finivano sui muri di tutte le città. Era il maggio del '68, o il maggio francese, di cui disse che La Chinoise era stata una prefigurazione. In realtà il film può semmai essere considerato un'anticipazione del gruppuscolarismo successivo alla fase spontaneistica, estetico-politica più che politico-militare, del movimento sessantottesco originario.
In ogni caso, e anche se non rappresenta affatto una frattura totale con il Godard sociologo della contemporaneità, esso inizia o prosegue una riflessione sui rapporti fra linguaggio e politica, fra arte e militanza, che sarà il progetto centrale degli anni successivi.
La Chinoise che come si è detto inizia o anticipa tutto, resta però il film che all'epoca si potè considerare come il più esemplarmente “godardiano”. Alcune sue soluzioni o trovate stilistiche sono divenute celebri: dal “ciak” mantenuti all'inizio di alcune inquadrature agli esempi più evidenti di “cinema nel cinema” (si vede l'operatore Coutard intento alle riprese), al ricorso programmatico agli effetti di straniamento, con i personaggi che spesso si rivolgono a un interlocutore esterno al film. Secondo gli insegnamenti di Brecht, cui viene dedicato un palese omaggio (il suo nome è l'unico a non venire cancellato da una lavagna su cui sono stati scritti i nomi dei drammaturghi di ogni epoca). Ma a fare della Cinese un film paradigmatico e anticipatore è anche l'enorme quantità di materiali figurativi accumulati come inserti, sfondi o contrappunti della vicenda o delle parole degli attori.
Ma quando il primo cartello non annuncia più un certo numero di capitoli o episodi, come avveniva nei saggi sociologici, ma “un film in corso di lavorazione”, il riferimento non è solo all'idea di “opera aperta” o di un film visto anche nel suo farsi, ma a una più generale e storica fase di evoluzioni e trasformazioni. In questi anni sono “lavori in corso” le idee estetiche e politiche di Godard, la lotta sociale, e forse – era lecito pensare – la stessa rivoluzione.




Il personaggio con cui più Godard s'identifica è certamente l'attore (Guillaume, con Willhelm Maistre) colui che abbandona l'illusione di un teatro nazionale e unificante per portare Brecht e Racine nelle piazze e nelle case. Come Guillaume anche il regista va alla ricerca di un “cinema socialista”, che usi le immagini e i suoni per fare “l'analisi concreta” e non per produrne un un doppio illusorio, per “rendere visibile” e non per “riprodurre il visibile”. Ma, come ricorda Kirilov, sulla via di un'arte rivoluzionaria si incontrano poi Majakovskij in poesia e Ejzenštejn nel cinema. Quando Guillaume e Vèronique decidono di parlarsi “come se le parole fossero suoni o materia” finiscono per fare della poesia futurista. E sulla scorta della teoria ejzenštenjana il film sperimenta nuove forme di ontaggio “scientifico”.
Non sempre per la verità il montaggio della Chinoise è cosi elaborato: il più delle volte il rapporto fra suono e immagine è tautologico ( si parla di campagna e si vede un'inquadratura di polli starnazzanti, si parla di realismo socialista e si vede un' oleografia rivoluzionaria) ma anche in questo caso suggerisce un rapporto fra le varie inquadrature sorretto da una logica diversa da quella della narrazione e dello spettacolo. Se il comodo “straniamento” ottenuto solo col mostrare la cinepresa al lavoro non è un mezzo per distruggere realmente l'illusione identificatoria del cinema, perchè del cinema in effetti rappresenta la suprema fase narcisistica, il lavoro sulle strutture del linguaggio filmico può portare davvero a una reinvenzione del cinema stesso.
La Chinoise si pone come primo momento di riflessione di questo progetto.

Certamente, come dice Vèronique, “l'effetto estetico è immaginario”, ma questa parola è da intendere allora in un senso del tutto diverso da quanto fino ad ora è stato fatto. Kirilov le risponde infatti: “Si, ma questo immaginario non è il riflesso della realtà, è la realtà di questo riflesso”. Cioè la realtà, pesante, materiale, dell'immagine, e anche della finzione e dell'artificio. Così il modello stilistico ricorrente del film è quello che – nell'isolamento del piano ravvicinato di un attore che recita sullo sfondo di un'immagine- mette costantemente in rapporto le forme visive della cultura di oggi, nella loro riproducibilità tecnica, cioè riflessi della realtà, con la realtà del riflesso, l'attore con il suo corpo e la sua voce, in primo piano davanti alla cinepresa che lo riproduce e insieme rivela l'artificio della riproduzione.
Ma questa frontalità e mancanza di profondità delle immagini, che sembra voler trasformare le inquadrature in pagine di un libro, e il film stesso diventa in un “libretto rosso” del cinema, è anche vicinanza e intimità con i personaggi-attori: l'appartamento è quello in cui Godard abita con Anne Wiazemsky, e la primissima inquadratura mostra due mani di amanti che si incontrano.
D'altra parte La Chinoise, terminando con un cartello che non dichiara la fine del film ma la “fine di un inizio”, inaugura una serie di non-finali dei successivi film, che pur diversissimi si porranno da ora per vari anni come continuazioni critiche l'uno dell'altro, parti o capitoli di un film che è il cinema intero. 








La proiezione si terrà alle ore 21 presso la sala superiore del Centro Arnaldi in Via Rossi 35, Dueville.




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